Cosa sono gli attacchi di panico?
Il disturbo da attacchi di panico viene classificato, dal DSM V, (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) all’interno dell’ampia categoria dei disturbi d’ansia.
Caratteristica fondamentale degli attacchi di panico è quella di far esperire, alla persona che li vive, un’estrema e angoscia, accompagnata dalla sensazione di perdita di controllo e catastrofe incipiente; tale sensazione è accompagnata da allarmanti sintomi neurovegetativi come dispnea, vertigini, sudorazione, tremore, tachicardia, dolore al petto, nausea, brividi e senso di intorpidimento agli arti.
Le crisi di panico normalmente durano alcuni minuti, ma spesso si ripetono nel corso della vita della persona, e possono diventare ricorrenti.
Quando una persona vive l’esperienza del panico, la descrive come una situazione assolutamente angosciante e terrorizzante, che lo porta a pensare a una morte imminente: un’esperienza di crisi in cui si sente completamente indifesa, alla mercè di disperazione e paura soverchianti. Per questo motivo, le persone che per la prima volta ne sono colpite, spesso arrivano in pronto soccorso, con sintomi che possono far pensare anche a un attacco cardiaco, ma che in seguito vengono diagnosticati correttamente come indici del disturbo di panico.
Caratteristica importante degli attacchi è che, nella maggior parte dei casi, sembrano “venire dal nulla”, senza apparenti fattori causali o precipitanti. Possono presentarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo: per questo motivo, le persone che ne soffrono, sviluppano frequentemente una forma di ansia anticipatoria che li porta a preoccuparsi intensamente della possibile ripetizione dell’attacco. Tale timore influisce in modo rilevante sulla possibilità di ritornare di vivere la normalità della propria esistenza.
Spesso, a causa della paura di poter soffrire nuovamente di un attacco di panico, la persona evita di spostarsi, di prendere l’automobile, di uscire di casa, fino a poter sviluppare anche vissuti di agorafobia (una forma di intenso disagio nel frequentare spazi aperti, affollati e non familiari, legato alla paura di rimanerne intrappolato e alla necessita di trovare una via di fuga immediata). Per questa ragione il disturbo da attacchi di panico influisce pesantemente sulla qualità delle relazioni sociali della persona che ne soffre, e, più in generale, sulla sua qualità di vita.
Quali sono le possibili cause di un attacco di panico?
Nel vissuto delle persone che li sperimentano, gli attacchi di panico non sono chiaramente collegati a dei fattori stressanti significativi: è estremamente difficile, per loro, identificare delle cause scatenanti, che li precedono.
Tuttavia, secondo Gabbard (2007), spesso le persone che ne soffrono, prima della comparsa del disturbo hanno sperimentato importanti cambiamenti di vita (lavorativi, familiari, personali), oppure subìto perdite o separazioni da figure significative.
Altri fattori che possono predisporre a soffrire di attacchi di panico sono la difficoltà nella gestione della rabbia e dell’aggressività, causate dall’esperienza di relazioni genitoriali vissute come non supportive, o la presenza di una vulnerabilità temperale innata: bambini che si spaventano facilmente per tutto ciò che è estraneo, nuovo o sconosciuto nel loro ambiente di vita, e che, per questo motivo, hanno bisogno di fare particolare affidamento sulla protezione e la rassicurazione dei genitori, in adolescenza o in età adulta potranno più frequentemente andare incontro a esperienze di attacchi di panico.
Infine, secondo alcune ipotesi, vissuti traumatici infantili potrebbero spiegare le difficoltà che le persone sofferenti di attacchi di panico vivono nello sviluppare fiducia e sicurezza nei confronti delle persone significative della propria vita, risultando più vulnerabili al disturbo.
Trattamenti terapeutici degli attacchi di panico
La persona che arriva in consultazione dopo un attacco di panico spesso esprime il vissuto di non capire cosa stia succedendo dentro di sé, di avere perso il dominio del proprio corpo: vive questa esperienza di forte angoscia come completamente scissa e scollegata dal proprio mondo emotivo, affettivo e relazionale.
L’obiettivo fondamentale di una terapia psicodinamica, quindi, sarò proprio quello di consentire al paziente capire il significato di questa angoscia così dirompente che si riversa nel suo corpo, di “edificare ponti” tra la dimensione fisica e quella psichica.
In particolare, secondo De Masi (2004), compito del terapeuta sarà quello di aiutare il paziente a esaminare in dettaglio le sensazioni, le percezioni e i pensieri associati allo scatenarsi degli attacchi di panico, per comprendere i collegamenti tra le proprie paure rispetto ai cambiamenti importanti della propria vita e il presentarsi del disturbo.
Il paziente avrà così la possibilità di “rivivere in seduta” l’esperienza traumatica, che viene analizzata e condivisa con l’analista, diventando un vissuto pensabile ed elaborabile a livello mentale, e non più solo esperibile a livello somatico.
Inoltre, all’interno percorso di cura probabilmente verranno a galla i timori rispetto all’attaccamento e alla separazione, che saranno proiettati sul terapeuta; sarà quindi particolarmente importante esplorare le paure del paziente di diventare dipendente nei confronti dello psicologo, durante il procedere della terapia, oppure la paura di poter separarsi da un’altra figura significativa, e collegare questi vissuti con la profonda angoscia che il paziente può provare al riguardo, e che può debordare sul suo corpo attraverso i sintomi del panico.
Infine, sarà importante focalizzare l’attenzione sulla difficoltà del paziente nell’esprimere la propria rabbia verso le figure significative, e ragionare rispetto al suo timore che l’aggressività possa devastare le relazioni con le figure significative. Sarà fondamentale esaminare e comprendere insieme al paziente i meccanismi di difesa che la persona utilizza per cercare di annullare queste emozioni così disturbanti (in particolare la formazione reattiva e la somatizzazione, che spingono queste tensioni a esprimersi attraverso i sintomi neurovegetativi patiti dal corpo).
Una terapia psicodinamica, quindi, cercherà di rimettere in moto la capacità della persona di ricostruire pensieri e parole rispetto a sé stesso e alla propria sofferenza, perché è proprio nel silenzio della mente che il panico costruisce la propria esistenza.
Bibliografia:
- G. O. Gabbard: “psichiatria psicodinamica”, Raffaello Cortina editore, 2018
- F. De Masi, “the psychodynamic of panic attack: a useful integration of psychoanalysis ad neuroscience”; Int. J., Psychoanal. 85
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