L’AUTOSTIMA E I SUOI DESTINI

Cos’è l’autostima?

Una definizione manualistica di autostima, la descrive come “il processo soggettivo e duraturo che porta la persona a valutare e apprezzare sè stessa tramite l’autoapprovazione”;  più sinteticamente, possiamo far coincidere l’autostima con ciò che chiamiamo “amor proprio.”

L’autostima, dunque, è legata alla capacità di sapersi apprezzare nella giusta misura, in modo stabile e duraturo, e di saper identificare i propri punti di forza, essendone ragionevolmente orgogliosi, e di conoscere i nostri punti di debolezza, riuscendo a tollerarli ed integrarli all’interno dell’immagine di sè.

La persona che fatica a mantenere un buon grado di autostima, spesso non è in grado di amarsi ed accettarsi per quello che è; tende invece a mettere in atto giudizi particolarmente critici e severi verso sè stesso.

Un altro fattore importante che alimenta l’autostima individuale è legato alla sensazione di essere in grado di raggiungere gli obiettivi che ci si prefiggono. Al proposito, è importante essere capaci di definire mete ragionevoli, sensate  e soprattutto alla nostra portata: solo in questo modo potranno essere fonte di reale motivazione e soddisfazione personale. Se facciamo l’errore di porre l’asticella troppo in alto per le nostre possibilità, rischiamo di innescare dentro di noi dei circoli viziosi che possono rivelarsi particolarmente frustranti e mortificanti.

 

Come si genera e si alimenta l’autostima?

Sono diverse le “fonti psichiche” che concorrono a creare e ad alimentare l’autostima personale.

La prima si radica negli stadi più precoci dello sviluppo psichico. Possiamo ipotizzare che, appena venuto al mondo, il bambino esperisca uno stato auto-soddisfazione e completezza in cui non c’è ancora una reale differenziazione tra interno ed esterno, tra sé, le altre persone ed il mondo. Questo stato di soddisfazione primaria può essere vissuto ovviamente, solo a condizione della presenza costante dalle cure amorevoli e puntuali della madre, ed in seguito degli altri adulti di riferimento. Quando un genitore risponde ai bisogni del bambino in modo rassicurante e accogliente, crea i prerequisiti necessari per lo sviluppo, nel proprio figlio, di un’identità sana, e di un’adeguata fiducia in sé stesso.

Nel seguito dello sviluppo, i genitori “sufficientemente buoni”, per dirla con Winnicott, sono in grado di “investire” il proprio figlio di forti sentimento di attaccamento, attenzione ed amore. Normalmente, i genitori riversano così tanto affetto ed ammirazione nei confronti del loro figlio, da consegnargli un “capitale” di amore e considerazione che servirà da “serbatoio” per alimentare la propria autostima nelle successive fasi del suo sviluppo. Per un osservatore, esterno, a volte, la quantità di considerazione e dedizione riservato dai genitori al proprio figlio può sembrare eccessivo, sproporzionato: tuttavia, per sviluppare una sana autostima, è fondamentale essere considerati “Sua Maestà il Bambino” (Freud) per un certo tempo della propria vita.

Man mano che cresce, peraltro, il bambino non sente più l’amore dei propri genitori come assolutamente gratuito ed incondizionato, ma si rende conto che dovrà guadagnarsi il loro affetto anche attraverso il proprio comportamento. I genitori insegnano gradualmente al proprio figlio i valori e le norme fondamentali che regolano la convivenza nella sua famiglia nella società: questo processo di apprendimento porta il bambino ad interiorizzare una serie di norme e regole, che andranno a formare la sua  coscienza morale. Nel momento in cui il bambino comprende ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, vivrà sensazioni di ragionevole orgoglio quando il suo comportamento segue i dettami della propria coscienza morale: Tali vissuti diventano un’ulteriore sorgente  interna che alimenta un sano sentimento di autostima.

L’ultima, fondamentale fonte che nutre l’autostima personale è invece principalmente esterna, ed agisce non solo nell’infanzia, ma in tutte le fasi successive dell’esistenza individuale: riguarda il riconoscimento e l’apprezzamento che l’individuo è in grado di ricevere dagli altri. I feedback esterni sono assolutamente importanti per mantenere una buona fiducia in se stessi; e saranno tanto più ricercati o addirittura indispensabili, quanto più le altre fonti che alimentano l’amor proprio siano state carenti.

Disturbi dell’autostima

I problemi di autostima, normalmente, sono causati da situazioni di vita che, in modo a volte “traumatico”, hanno interferito nello sviluppo di un normale amor proprio, “inaridendo” una o più delle sorgenti che l’alimentano. Tanto più precoce è stato l’evento traumatico, tanto più significative saranno le sue conseguenze.

I disturbi dell’autostima si manifestano, a livello emotivo, attraverso una significativa mancanza di fiducia in se stessi, forti sentimenti di inferiorità, importanti vissuti depressivi (spesso inconsci) e  costanti paragoni con le altre persone, spesso percepite migliori rispetto a sé. Sono spesso accompagnati da comportamenti “compensatori”, messi in atto per ridurre questi dolorosi sentimenti di fallimento e di incompletezza.

A volte, un’autostima “lacerata” può essere nascosta dietro una maschera di sprezzante superiorità, di disprezzo per gli altri, o di estrema competitività. Spesso, peraltro, questi faticosi sforzi compensatori funzionano solo in maniera parziale e temporanea, ed alimentano un equilibrio personale che si rivela particolarmente fragile.

Infine, la persona con autostima problematica, vive costantemente un senso di  profondo e persistente bisogno di compiacere gli altri. Naturalmente, tutti noi abbiamo bisogno di sentirci apprezzati: un buon funzionamento personale e sociale dipende anche dai riconoscimenti “esterni” che sappiamo guadagnarci. Quando, però, questo bisogno diventa eccessivo, può compromettere severamente la nostra libertà, e la capacità di essere realmente e pienamente noi stessi.

Una necessità troppo pervasivo di piacere sempre a tutti, e di essere costantemente apprezzati e lodati, è ineluttabilmente votata al fallimento; inoltre, questa condizione può trasformarsi una prigione che tiene in ostaggio l’identità autentica del soggetto, e che lo condanna a spiacevoli vissuti di falsità e di stanchezza emotiva cronica.

 

Trattamento dei disturbi dell’autostima

Le persone che faticano a mantenere una ragionevole autostima, vivono una condizione di importante sofferenza personale: si sentono emotivamente ferite. Per questo motivo, quando queste persone arrivano in consultazione,  è importante, per lo psicologo, avvicinarsi a queste tematiche con profondo tatto e delicatezza, e costruire un contesto terapeutico in cui il paziente si senta sicuro, e quindi in grado di affrontare  le “piaghe” dolorose  che sono alla base della sua sofferenza.

È difficile parlare con un terapeuta delle parti di sé di cui si va meno fieri, e che si vive con maggiore senso di vergogna. Nel momento in cui il paziente, rassicurato dalla relazione terapeutica, riesce a farlo, egli impara a non vivere più queste immagini di sé come “voragini” che possono, in ogni momento, affossare il senso proprio valore personale.

Un percorso psicoterapico, normalmente, insegna alle persone ad accettare maggiormente le parti deboli di sé: ciò significa poterle integrare all’interno della propria immagine, senza che queste  vadano ad intaccare il senso del proprio valore personale. Può aiutare, in ultima analisi, a raggiungere una visione più oggettiva, realistica ed integrata delle proprie competenze e delle proprie capacità personali.

 

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