COS’E’ LA SALUTE MENTALE? (I PARTE)

Foto dello Yosemite National Park

Non è semplice definire il concetto di salute: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la descrive come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente come “l’assenza di malattie o infermità”.

Più nello specifico, la salute mentale viene definita come “uno stato di benessere in cui ogni individuo realizza il proprio potenziale, è in grado di far fronte agli eventi stressanti della vita, è in grado di lavorare in modo produttivo e fruttuoso ed è in grado di fornire un contributo alla comunità”.

Una definizione che enfatizza, quindi, le capacità di sviluppare le proprie qualità e competenze personali non solo a favore di sé stessi, ma anche attraverso ricadute positive sul contesto sociale nel quale la persona vive.

La salute mentale nel pensiero psicoanalitico: amare, lavorare e…. giocare?

Partendo da queste proposte di definizione, appare evidente che il concetto di salute mentale può essere considerato come un costrutto dinamico e multiforme: qualcosa che, per sua natura, sembra sfuggire alla possibilità di essere cristallizzato in una “formula”.

Infatti, da un lato potremmo considerare aspetto fondamentale della salute mentale la capacità di mantenerci al riparo dalla sofferenza psichica e dai conflitti interni; una condizione personale, dunque, che ci permetta di non aver a che fare con alcun “sintomo” (di tipo ansioso o depressivo, ad esempio).

Ma, allo stesso tempo, potremmo giudicare fondamentale, per stare bene, soprattutto la nostra capacità di affrontare l’esperienza di sofferenza insita nella condizione umana: la capacità, quindi, di tollerare emozioni dolorose senza esserne schiacciati, e di assumersi la responsabilità di affrontarle, attraversarle ed integrarle dentro di sé.

Semplificare, dunque, appare una missione particolarmente difficile in questo campo. Tuttavia, quando in una famosa intervista, a Sigmund Freud venne chiesto di indicare quali fossero le caratteristiche di fondo che definiscono la salute mentale delle persone, egli “distillò” la spiegazione descrivendo come persona mentalmente sana quella che riesce ad “amare e lavorare”.

In un’ottica psicoanalitica, essere in grado di amare significa essere capaci di stabilire e mantenere relazioni affettive autentiche, all’interno delle quali si riesca sia a dare che a ricevere affetto, in una relazione biunivoca, in cui riusciamo a sentirci supportati e capiti, ma anche a dare spazio e considerare le esigenze ed i bisogni dell’altro.

Presume la capacità di assumere la propria prospettiva di agire, pensare, sentire come individuale e soggettiva, e di tollerare la complessità e la contraddittorietà di sé stessi e dell’altro, accettandone pregi e i difetti.

Essere in grado di amare significa inoltre essere capaci di sopportare le frustrazioni e le disillusioni, intrinseche, costitutive ed inevitabili nelle relazioni, consapevoli che l’altro e la realtà esterna, in generale, non saranno mai perfettamente rispondenti alle nostre necessità ed alle nostre idee.

La capacità di lavorare riporta all’attitudine ad essere creativi, generativi, capaci di risolvere problemi e di raggiungere obiettivi, con costanza, perseveranza ed autodisciplina; di percepire soddisfazione e significato in ciò che si fa; ma anche di raggiungere e mantenere la propria autonomia personale.

Riporta inoltre alla capacità di creare attivamente attingendo al proprio modo unico ed originale di essere al mondo, senza subire passivamente le richieste che ci arrivano dall’esterno e senza aderire eccessivamente alle pretese o alla ingerenze degli altri.

All’interno del pensiero psicoanalitico, alcuni autori hanno integrato la definizione freudiana inserendo anche un terzo “pilastro” che sorregge la salute mentale individuale: ovverosia la capacità di giocare.

In particolare, secondo il pensiero di Winnicott, “Il gioco è universale e appartiene alla sanità”, anche della persona adulta. Sapere “giocare” vuol dire essere in grado, ad esempio, di instaurare relazioni di gruppo soddisfacenti e di progredire nel proprio percorso di crescita individuale: “mentre gioca, e forse soltanto mentre gioca, il bambino o l’adulto è libero di essere creativo”. È proprio il mantenere un atteggiamento ludico verso il mondo, che permette al soggetto di trovare realmente se stesso, di essere a contatto con il nucleo più autentico del proprio sé.

“Amare, lavorare e giocare” possono essere considerate dunque tre competenze molto generali che sostengono la salute mentale individuale. Queste capacità, peraltro, sono alimentate da una serie di dimensioni e di caratteristiche psicologiche personali più specifiche, che cercherò di dettagliare in maniera più precisa nella seconda parte di questo articolo, alla quale rimando.

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