IL LAVORO DEL LUTTO: LUTTI COMPLICATI E POSSIBILI PERCORSI TERAPEUTICI (2^ PARTE)

Riprendendo una definizione già riportata nella prima parte di questo articolo (clicca qui per leggerlo), il lutto può essere descritto come la reazione emotiva e affettiva che segue l’esperienza di un’importante perdita, che può essere reale (come la morte di una persona cara, la rottura di una relazione di coppia, la perdita del lavoro), ma anche simbolica (la perdita di un ideale esistenziale). L’esperienza del lutto implica invariabilmente vissuti di profonda e dolorosa tristezza, confusione, abbattimento e anche paura.

La perdita che provoca il processo di lutto è un evento che mette a soqquadro il nostro modo abituale di dare senso, valore al mondo, che ci appare improvvisamente cambiato, depauperato e svuotato del suo valore.

Per questa ragione, una delle prime reazioni emotive che caratterizza il processo di lutto è un ripiegamento sulla nostra persona: fatichiamo a impegnarci nel lavoro e nelle altre attività di vita importanti. Anche la nostra capacità di amare e di preoccuparci per le persone a noi care risulta decisamente impoverita.

Come si compie il lavoro di elaborazione del lutto?

Il lavoro del lutto è un percorso che si attraversa in modo faticoso e spesso travagliato: non è facile raggiungere il traguardo che ci permette di accettare la perdita. Secondo il pensiero di Freud (1915), ripreso in un recente saggio di Recalcati (2016), questo processo ha delle caratteristiche di per sé molto peculiari.

Innanzitutto abbisogna di tempo adeguato e dedicato, un tempo assolutamente personale e individuale: è impossibile attraversare il lutto in maniera rapida, proprio perché è un percorso che presuppone il passaggio tra diverse tappe (vd. 1^ parte). Non esistono “scorciatoie” che possano portarci in anticipo al traguardo finale.

Il lavoro del lutto, inoltre, necessita che la persona che lo attraversa viva l’esperienza del dolore, che è assolutamente inevitabile, “ineluttabile”. Non ci si può scampare: a volte si può tentare di “anestetizzarlo” (magari con l’uso dei farmaci), ma deve essere affrontato, attraversato, e anche espresso. Se ciò non avviene, il dolore non scompare, ma rimane incistato nel nostro apparato psichico, e può comparire, in tempi anche molto successivi, attraverso dei “cortocircuiti corporali” che possono portare anche a vere e proprie somatizzazioni del dolore attraverso altri tipi di disturbi fisici.

Infine, necessita del lavoro della memoria: per elaborare il lutto è fondamentale riattraversare i ricordi della persona che non c’è più. In questo senso, è indispensabile poter parlare della persona persa, ricordarsela, anche sognarsela.

A volte, consigli anche benintenzionati, come quelli di fare un viaggio per svagare la mente, di non frequentare un determinato luogo perché porta tanti ricordi, ostacolano il lavoro del lutto, perché non permettono alla persona di ricordare e vivere le profonde emozioni collegate al ricordo.

Il lavoro del lutto ci dimostra che è possibile “dimenticare” l’oggetto perduto, ovvero uscire dalle sabbie mobili della sofferenza depressiva, proprio perché si è ricordato, ripetuto, rivissuto: possiamo “lasciare” la persona che abbiamo perso, e rivolgerci nuovamente al mondo, proprio perché, attraverso questo percorso di accettazione dei ricordi e delle emozioni, è diventata parte integrante ed indelebile della nostra persona.

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Cosa si intende per lutto complicato?

Raramente il percorso del lutto è lineare; spesso si dimostra una strada accidentata e particolarmente difficile da percorrere. In alcuni casi, il dolore per la perdita è talmente pesante e persistente da impadronirsi della mente e del corpo di chi la vive, che può rimanere “bloccato” nelle secche del dolore: in questi casi, il lutto può esitare in  pesanti quadri depressivi che appaiono quasi permanenti.

Nella reazione melanconica al lutto (Freud, 1915), l’”oggetto” perso viene vissuto come assolutamente insostituibile e impossibile da dimenticare. In questi casi, è come se la persona che ha subito la perdita rimanesse “incollata”, assolutamente identificata all’altro perduto, che è incessantemente presente nella testa del soggetto. Questa presenza interna, così ingombrante, ha come effetto quello di devitalizzare, mortificare, ingabbiare la persona,  che sembra non poter far altro che continuare a crogiolarsi in un dolore incessante.

In questo processo di lutto cronicizzato, la persona scomparsa viene spesso fortemente idealizzata, quasi mitizzata; altra faccia della medaglia, sono frequenti i sensi di colpa e i vissuti di auto rimprovero, che diventano un “mantra” interminabile e sfinente.

Tali vissuti, secondo Freud, celano una forte rabbia inconscia verso l’oggetto perso, colpevole di averci abbandonato. Questa rabbia verso l’oggetto, non riconosciuta come tale, diventa aggressività agita contro sé stessi, che ha l’effetto di imprigionare la persona nelle secche depressive, per tempi che appaiono indefiniti: “nel lutto il mondo si è impoverito e svuotato; nella melanconia impoverito e svuotato è l’io stesso” (Freud, 1915).

Quale tipo di intervento terapeutico nel processo di lutto?

Nelle situazioni in cui la persona si sente sopraffatta dal dolore, o ingabbiata in una situazione in cui la sofferenza appare congelata e cronica, l’accompagnamento terapeutico può essere estremamente importante.

In un percorso terapeutico, infatti, la persona afflitta dal lutto potrà essere accompagnata nell’accedere al ricordo dell’oggetto scomparso; nel rivivere e nell’accettare le potenti emozioni che caratterizzano questo percorso; nel sopportare i pesanti vissuti di dolore e di afflizione che è necessario vivere, per compiere un lavoro trasformativo  e rigenerativo, che permetta di riallacciarsi pienamente al corso della propria esistenza, ed accedere ad una dimensione personale pienamente “progettuale” e di cambiamento, che possa essere volta al futuro.

Nel caso di lutto complicato, il percorso terapeutico sarà probabilmente più difficile e impegnativo: non si tratterà solamente di accompagnare e facilitare il percorso di lutto. In queste situazioni sarà necessario lavorare più profondamente anche sul significato delle identificazioni con l’”oggetto”perduto.

In questo tipo di percorso terapeutico sarà fondamentale lavorare per far accedere la persona all’ambivalenza nascosta dietro i propri sensi di colpa e dietro i sentimenti di auto rimprovero continuo. Ovvero sarà fondamentale cercare di aiutare la persona afflitta a riconoscere, elaborare e “bonificare” anche gli intensi e contrastanti sentimenti che possono vivere dietro gli esiti melanconici del lutto.

Bibliografia

  • S. Freud, “lutto e melanconia”, Opere, Volume 8: 1915 – 1917, Boringheri, 1978
  • E. Kubler Ross, “la morte e il morire”, Assisi, Cittadella, 1976
  • M. Recalcati “incontrare l’assenza”, Asmepa edizioni, 2016

ARTICOLO: IL LAVORO DEL LUTTO 1^ PARTE

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