ADOLESCENZE APATICHE

I lutti dell’adolescenza

Nel corso della nostra vita, dobbiamo attraversare diverse esperienze luttuose. Elaborare un lutto non significa solamente attraversare il dolore, ma anche cambiare, evolvere, crescere. Ogni lutto implica una perdita, che però può essere seguita da una rinascita.

L’adolescenza è una fase della vita in cui il lavoro del lutto si rivela un passaggio necessario. Il ragazzo, in transito dall’infanzia all’età adulta, deve elaborare tre importanti perdite: del suo corpo di bambino, della sua identità legata all’infanzia, e infine dell’immagine dei genitori onnipotenti che, da bambino, possedeva.

I traguardi evolutivi fondamentali, collegati al superamento di questi lutti, consistono nell’integrazione, all’interno della propria immagine corporea, dei cambiamenti fisici veicolati dalla pubertà; nella capacità di rinunciare alla dipendenza infantile e di accettare le nuove responsabilità correlate con l’avvicinarsi della vita adulta; infine, nella capacità di costruire delle relazioni personali in cui possano trovare spazio l’intimità e la sessualità.

Questo percorso evolutivo non è un compito semplice per la mente dell’adolescente: i ragazzi,  alle prese con la gestione di questi difficili e numerosi cambiamenti personali,  spesso si sentono disorientati e confusi; possono vivere sensazioni di paura, disperazione e mancanza di controllo; possono essere influenzati da un’autostima particolarmente instabile e traballante, che li porta ad oscillare pericolosamente tra stati depressivi e maniacali.

Secondo lo psicoanalista statunitense Meltzer, la ribellione degli adolescenti nei confronti della percepita “tirannia” dei genitori e degli adulti in generale, spesso li porta a rifugiarsi in comunità di coetanei. In tali contesti, il valore e l’importanza del “gruppo” vengono fortemente idealizzati dai ragazzi: attraverso queste spinte identificatorie con il gruppo, gli adolescenti possono costruirsi una pseudo identità che rende più facile per loro rifiutare la realtà con cui devono fare i conti, e ritirarsi in fantasie ancora legate al pensiero infantile. Tuttavia la risoluzione dell’adolescenza consiste proprio nel saper uscire da questo tipo primitivo di funzionamento mentale, per raggiungere la capacità di intrattenere relazioni adulte e mature con il mondo e con gli altri.

I modi in cui ogni individuo affronta i cambiamenti propri dell’adolescenza possono essere, quindi, molto differenti: se la mente dell’adolescente non è disposta a tollerare il dolore che la crescita comporta, il lutto del passaggio all’età adulta può essere particolarmente complicato. Ad esempio, l’adolescente può mettere in campo una serie di comportamenti difensivi che possono prendere la forma di comportamenti impulsivi e disorganizzati.

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L’adolescente apatico

Oppure, al contrario, l’adolescente può cercare rifugio nell’apatia e nella passività. Questa modalità di reazione alla fatica della crescita sembra essere decisamente aumentata negli ultimi anni; spesso il rifugio nell’indolenza non si manifesta, per gli adolescenti, solamente nell’ambito scolastico, ma anche in quello sociale e relazionale, e provoca un repentino ritiro dagli interessi che precedentemente davano colore alla vita del ragazzo. In questi casi, il ragazzo si rifugia nell’illusione di poter ottenere soddisfazioni senza la fatica dello sforzo per raggiungerle: questa modalità, che il egli non vive come problematica, lo diventa però per i suoi genitori ed il suo gruppo familiare.

Secondo Meltzer, tale tipo di atteggiamento non può essere semplicisticamente additato come pigrizia: bensì riflette una fantasia arcaica di simbiosi con il corpo della madre, attraverso la quale l’adolescente fantastica di poter vivere in uno stato di pienezza, e di poter appropriarsi delle conoscenze, delle competenze e delle capacità dell’adulto senza alcuno sforzo.

Rifugiarsi in queste fantasie infantili ed irrazionali, porta l’adolescente “apatico” a scegliere una condizione di vita in cui egli rifiuta la fatica e la responsabilità di avere un’attività mentale individuale e propria. Egli cerca, in ogni modo, di sottrarsi alle decisioni, e di sfuggire alla frustrazione. Questa condizione può sfociare in situazioni in cui l’adolescente sceglie di stare in un “limbo” di forte dipendenza nei confronti degli altri, che spesso si sentono tiranneggiati da quest’indole parassitaria. Ciò gli impedisce, inoltre, di definire la sua identità in modo autentico e personale, dato che accetta passivamente la dipendenza dalle altre persone.

Il contraltare del desiderio di rifugio in questa idealizzata simbiosi con il corpo della madre, può sfociare, per l’adolescente, nel costante timore di poter essere vissuto come un intruso, di poter essere espulso e ritrovarsi solo nell’affrontare una realtà eccessivamente spaventosa per lui.

Alcuni adolescenti, quindi, scelgono l’apatia per evitare di vivere i conflitti propri di questa età di passaggio, e le forti emozioni ad essi collegate; per non farsi carico dei cambiamenti e non assumere le responsabilità del pensiero e delle preoccupazioni che questi portano con loro. L’obiettivo non dichiarato dell’adolescente “inerte” è quello di sfuggire alla crescita e alla necessità di preoccuparsi per gli altri; spesso egli non si dimostra in grado di affrontare normali esperienze di vita, né di tollerare la solitudine.

Questa situazione può portare a  conseguenze gravi: l’adolescente “passivo” che non riesce a fare i conti con la sua realtà può avere, anche in seguito, sempre maggiori difficoltà nell’affrontare le sfide della vita; può faticare particolarmente, da adulto, a stabilire relazioni interpersonali significative e intime. Nei casi più gravi, può arrivare fino al punto di distorcere la percezione della realtà e, barricarsi dietro la convinzione paranoica di vivere in un mondo che lo rifiuta; tutto ciò per evitare di affrontare il doloroso vissuto di non essere stato in grado di raggiungere un’identità autentica e integrata.

Il reale sforzo, soprattutto mentale, che l’adolescenza richiede, quindi, è quello di tollerare il passaggio dallo stato dell’“onnipotenza infantile”, protetta da genitori altrettanto onnipotenti, a quello della pubertà, ovvero tollerare ed affrontare l’indecisione, la confusione e lutto, passaggi necessari per la crescita ed il transito verso la definizione di u’identità adulta.

La fondamentale la capacità di accettare e confrontarsi con i cambiamenti, per sviluppare la propria mente ed il pensiero non è un processo biologico, ereditario o automatico. E’un lavoro che implica un importante e faticoso sforzo individuale: quello di assumersi la responsabilità della propria crescita ed evoluzione personale, e del proprio cambiamento.

Bibliografia:

  • D. Meltzer, “Claustrum: uno studio dei fenomeni claustrofobici”, Raffaello Cortina editore, 1993

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